Filippo Poletti: Smart Leadership ai tempi dell’intelligenza artificiale

Filippo Poletti libro Smart Leadership sull'intelligenza artificiale e il suo ruolo nell'industria 5.0

Filippo Poletti torna a raccontare, in libreria, il mondo del lavoro. Suo il test di cuore e cervello presente nel libro “Smart Leadership Canvas: come guidare la rivoluzione dell’intelligenza artificiale con il cuore e il cervello”, scritto assieme al professore di business management Alberto Ferraris con la collaborazione di Alessandro Zollo di Great Place to Work. Lo abbiamo incontrato per condividere l’oggi e il domani.

Filippo Poletti, esattamente un anno fa, il 30 novembre 2022, veniva lanciato Chat GPT. Cos’è successo sulla stampa e sugli altri media dal suo punto di vista di giornalista professionista?

«Il lancio di Chat GPT è stato ad effetto “wow” con la generazione di tanto entusiasmo e, allo stesso tempo, tanta paura. Abbiamo scoperto, in sostanza, che l’intelligenza artificiale può aiutare l’uomo a generare dei contenuti che, fino all’altro ieri, erano fatti solo dalle persone. C’è stata una sorta di “invasione di campo” e questo ha spiazzato anche i media e chi legifera. Pensiamo alla bozza dell’AI Act europeo: sembra essere stato abbozzato da risk manager, dal momento che si concentra sui livelli di rischio che l’adozione dell’intelligenza artificiale comporterebbe».

Alla paura, di cui ci ha appena parlato, cosa deve subentrare? Come dobbiamo affrontare, in sostanza, l’intelligenza artificiale nel prossimo futuro?

«Serve un’analisi lucida della rivoluzione in atto. Ambrosetti, ad esempio, ha calcolato che l’adozione dell’intelligenza artificiale produrrà un aumento della produttività delle aziende italiane pari al 18 per cento. Provandolo a quantificare significa che saranno generati 312 miliardi di euro, ossia il PIL annuale della Lombardia».

Nel suo libro si parla di smart leadership e di “industria 5.0”: siamo entrati in una nuova era, dunque?

«Siamo entrati nell’“IAcene”, ossia nell’era delle reti neurali generative, dove l’intelligenza artificiale è il “copilota” e l’uomo il “pilota”. Se fino a ieri a stupirci erano le macchine che automatizzavano alcuni processi dialogando tra di loro, la novità di oggi è l’intelligenza umana che dialoga con quella artificiale».

Quali sono i paradossi dell’intelligenza artificiale?

«Il fatto che sia priva, oggi, del senso comune tipico degli uomini. Così come del pensiero aperto e del quoziente emotivo. Subodha Kumar, fondatore del Center for business analytics della Fox school of business a Philadelphia, ha osservato come attualmente gli strumenti di diagnostica del piede diabetico basati sull’intelligenza artificiale non siano in grado di fare una diagnosi nel caso in cui il paziente inclini il piede. Sull’apertura del pensiero è stata notata la presenza di bias cognitivi in alcune applicazioni basate sull’intelligenza artificiale, legati al colore della pelle o al sesso. Infine, circa il quoziente emotivo, le macchine processano dati ma non emozioni. Tutto questo, tuttavia, è una rassicurazione circa la centralità dell’uomo nell’“IAcene».

Non teme che il suo lavoro di giornalista e influencer possa essere sostituito da un’intelligenza artificiale?

«Temo, all’opposto, la concorrenza dei giornalisti che sapranno usare al meglio l’intelligenza artificiale. La prospettiva con cui dobbiamo guardare alla rivoluzione in atto non è quella della sfida tra l’uomo e la macchina, ma quella della collaborazione. In fondo, a rifletterci bene, il fatto che Deep Blue abbia battuto in una partita a scacchi il campione del mondo Garry Kasparov nel 1996 non ha fatto desistere gli appassionati di scacchi dal continuare a giocare».

Veniamo all’organizzazione aziendale: come deve essere rimodellata ai tempi della rivoluzione dell’intelligenza artificiale generativa?

«L’implementazione di nuove tecnologie richiede la completa ridisegnazione dei processi aziendali. Grazie all’uso intelligente delle tecnologie è possibile prendere decisioni a più livelli, non necessariamente coincidenti con quelli dirigenziali. Questa decentralizzazione dei processi decisionali permetterà alle aziende di adattarsi in modo più preciso alle mutevoli condizioni di mercato. Con conseguenti benefici come un’ulteriore soddisfazione dei clienti e un aumento delle vendite. Un altro aspetto riguarda i tempi di decisione. Nel nuovo contesto lavorativo, la velocità delle decisioni sarà notevolmente incrementata. Grazie alla continuità e all’immediatezza del flusso di informazioni, sarà possibile ridurre significativamente i tempi necessari per la pianificazione e il controllo delle attività. Sono solo due delle caratteristiche chiave della nuova organizzazione del lavoro».

Come deve muoversi il leader dell’industria 5.0?

«Il vero leader ai tempi dell’intelligenza artificiale deve avere cuore e cervello, il primo per prendersi cura delle persone, il secondo per raggiungere gli obiettivi di business, promuovendo un impatto positivo sulla società. Sono queste le fondamenta del “test del cuore e del cervello” per i capi articolato in diversi passaggi».

Perché lei parla di “smart leadership canvas”?

«Perché la leadership moderna deve essere intelligente. E parliamo così di smart leadership. Il leader di cuore e cervello deve saper integrare il lavoro fatto dalle persone con quello dell’intelligenza artificiale. Deve saper individuare il livello di urgenza della collaborazione persone-intelligenza artificiale. Saper stabilire il grado di importanza della collaborazione persone-intelligenza artificiale e saper coinvolgere i collaboratori per valorizzarli e non per sostituirli. Ancora, deve saper sviluppare relazioni positive con i collaboratori e saper favorire il benessere dei collaboratori. Saper promuovere l’innovazione in azienda e saper prendere le decisioni necessarie per sviluppare il business aziendale. Deve saper realizzare gli obiettivi aziendali nel rispetto delle regole e dell’etica professionale e saper individuare gli ostacoli e agire con rapidità».

Negli ultimi 12 mesi ha viaggiato l’Italia andando a incontrare grandi manager di aziende molto note. Chi l’ha più colpita e perché?

«Mi ha colpito la visione di Vicenzo Esposito, CEO di Microsoft Italia, che ha sottolineato come la leadership debba favorire la prosperità, ossia il benessere. Altrettanto interessanti sono le letture di Agostino Santoni, vicepresidente di Cisco Sud Europa e vicepresidente di Confindustria con delega al digitale, sulla “leadership inclusiva”, di Floriano Masoero, CEO di Siemens Italia, sulla “leadership agile” o di Corrado Passera, CEO di Illimity, sulla “leadership utile”. Farei un torno agli altri executive manager coinvolti, tuttavia, se non dicessi come nel libro sono presenti tante sfumature, tutte ispirazionali».

Da ultimo, se lei, LinkedIn Top Voice, dovesse sintetizzare in poche parole il lavoro ai tempi dell’intelligenza artificiale, come lo farebbe per il blog de L’Eco della Stampa?

«Un lavoro ancora più avvincente con un super coach rappresentato dall’intelligenza artificiale e l’uomo al centro. Tutto questo sarà possibile grazie all’adozione responsabile e inclusiva di questa nuova e sorprendente tecnologia».

 

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