Facebook Journalism Project: il colosso social tende la mano all’editoria

A quasi due mesi di distanza dalla pubblicazione dello studio sui giornalisti social, il rapporto di integrazione tra social network e mezzi di informazione si arricchisce di un nuovo importante capitolo.

Con Facebook e Google al lavoro per arginare il fenomeno dilagante delle fake news, la creatura di Mark Zuckerberg sembra pronta a cambiare profondamente il suo rapporto con la stampa grazie al Facebook Journalism Project. Oltre alla questione delle “notizie bufala”, che tramite i social guadagnano una portata esplosiva e minano la credibilità degli organi d’informazione, l’altra ragione per cui le principali fonti di informazione guardano a Facebook con un certo risentimento è economica: da tempo il social network blu offre a tutti gli utenti la possibilità di accedere ad una raccolta di news sempre online ed accessibili senza limitazioni.

Si tratta di un vantaggio sicuro in termini di comodità per gli utenti, che possono accedere alle notizie di differenti fonti d’informazione semplicemente cliccando su un link di Facebook. Ma rappresenta anche un comprovato danno economico per le testate, che vedono un’ampia fetta di lettori dirottata dal proprio sito verso le pagine del social network. E il piatto della raccolta pubblicitaria, inevitabilmente, piange.

Ma che cos’è esattamente il Facebook Journalism Project?

Il comunicato stampa che alza il sipario su questa iniziativa parla della volontà di “stringere un legame più forte tra Facebook e l’industria dell’informazione, collaborando con i gruppi editoriali per sviluppare prodotti, dialogando con i giornalisti per trovare una sinergia lavorativa e lavorando con editori ed educatori per equipaggiare al meglio i lettori con il know-how tecnologico necessario per essere lettori informati nell’era digitale“.

Parole che sembrano un’ammissione da parte di Facebook, finalmente consapevole di essere un player nel mercato dell’informazione. Parole che, in concreto, si traducono in tre principali direttive di sviluppo del progetto: “sviluppo collaborativo di prodotti editoriali“, “addestramento e strumenti per i giornalisti” e “addestramento e strumenti per tutti“.

 

1) Nuovi prodotti editoriali: un impegno a 360 gradi

Facebook promette delle sorprese per tutti, grandi e piccole realtà.  Da una parte il team informatico del social network promette infatti uno sguardo vigile e un dialogo continuo con la stampa locale e i media indipendenti per capire come sfruttare al meglio il loro potenziale editoriale, dall’altra Facebook ha in cantiere nuovi formati per le grandi testate.

Su tutti, nuovi modi di fruire degli Instant Articles, offrendo la possibilità agli editori (la sperimentazione partirà con il quotidiano tedesco Bild) di mostrare insieme agli articoli delle “offerte” di abbonamento gratuito alla rivista: l’idea, auspicabilmente, sarebbe quella di coinvolgere e fidelizzare i lettori di una testata e, nella migliore delle ipotesi, trasformare un lettore di Instant Articles in un abbonato. Insomma, se il lettore non va alla montagna, prova a portare la montagna dal lettore.

2)Strumenti per giornalisti e lettori

L’altro fronte su cui viaggerà l’impegno di Facebook è quello della qualità e dell’efficacia dell’informazione. Qualità che deve essere verificata e certificata: Facebook aumenterà il suo coinvolgimento nel network di First Draft, un pool di testate ed operatori del mondo dei media e dell’informatica che si occupa di linee guida etiche per la veridicità e la verificabilità dei contenuti pubblicati sui social dagli utenti. Per distinguere quale può essere un prezioso contenuto di un citizen-journalist e quale un video virale senza alcun valore di cronaca.

Inoltre, Facebook ha previsto un programma di training per giornalisti, con lo scopo di aiutarli a rendere più efficaci le loro storie da un punto di vista di comunicazione digitale: siano esse dei video in diretta, siano esse degli articoli scritti, i profili dei cronisti e le pagine della testata devono avere un impatto immediato ed efficace nel flusso di informazioni su una storia o un evento.

A questo punto manca “l’educazione del lettore”: in collaborazione con atenei USA e associazioni no-profit, Zuckerberg vorrebbe arrivare alla cosiddetta “news literacy“, ovvero l’alfabetismo informativo, la cultura della buona informazione. Un concetto un po’ nebuloso e difficile da tradurre in concreto ma anche una presa di posizione doverosa.

Perché se è vero che il business delle fake news prolifera grazie a sofisticati e navigati “professionisti” del settore, è altrettanto vero che la spallata più importante al fenomeno la si può dare solo sensibilizzando l’attenzione e l’occhio del lettore medio: un utente vigile e non distratto, è l’arma più potente. Più di qualsiasi meccanismo informatico.

 

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