Famiglie in Rete: intervista ad Alessandro Tariciotti

Dal prossimo anno scolastico, la Costituzione, lo sviluppo sostenibile e la cittadinanza digitale diventano materia di insegnamento con un voto dedicato. Lo ha annunciato il Ministro Lucia Azzolina che, nelle ultime settimane, ha inviato alle scuole italiane le linee guida per l’apprendimento di materie non ancora obbligatorie in tutti i gradi dell’istruzione. A partire dalla scuola dell’infanzia, forme innovative di didattica coinvolgeranno insegnanti e discenti, attraverso percorsi di acquisizione di competenze, ma soprattutto di consapevolezza critica.

La formazione digitale di bambini e adolescenti è l’obiettivo di Famiglie Digitali, nata nel 2008 a Roma, di supporto a genitori e docenti, con lo scopo di favorire il dialogo intergenerazionale. Abbiamo intervistato Alessandro Tariciotti, fondatore dell’associazione, assieme a Tiziano Formazione, organismo attivo da oltre trent’anni nella capitale. Alessandro, che ama definirsi “digital coach”, è sempre al passo con le tendenze giovanili ed è un volto noto della televisione, perché ospite fisso di UnoMattina, con la rubrica “Promossi o bocciati”.

Alessandro Tariciotti

Come nasce l’associazione Famiglie Digitali?

“Era il 2008 quando decisi, assieme a due amici, di condividere le mie esperienze professionali per metterle a disposizione delle nuove generazioni. Da allora, grazie all’incontro con la Tiziano Formazione, abbiamo messo insieme tanti megabyte di video, post, articoli e presentazioni.

Fino a marzo 2020, l’obiettivo principale è stato quello di andare nelle scuole e in tutti quegli ambiti dove i giovani hanno modo di aggregarsi e vivere la loro crescita, facendo i conti con la Rete. Negli ultimi mesi, il perimetro del nostro impegno ha virato ancor di più sul concetto di cittadinanza digitale ed oggi abbiamo l’onore di fare parte del Polo Didattico di RM9.

Grazie al team di collaboratori in continua crescita, eroghiamo corsi di formazione specifici sulle regole d’uso delle tecnologie da parte dei minori, la cittadinanza digitale, il cyberbullismo, la web reputation e la didattica interattiva”.

La scelta del focus sulle famiglie?

“La famiglia è alla base dell’educazione e in questi ultimi vent’anni si è trovata a fare i conti con l’ennesima trasformazione. L’invasione digitale, che ogni aspetto della nostra vita ha subìto, ha creato una nuova forma di gap generazionale. Da genitori, ancor prima che da professionisti, i miei colleghi ed io abbiamo intercettato questa necessità, costruendo insieme un ponte ideale e virtuale, nella speranza di ridurre la distanza tra le loro conoscenze e il loro approccio al mondo digitale e quello dei loro figli”.

Il ruolo del media educator in Italia: una figura ancora poco definita?

“Verissimo. Per lo più ci si è concentrati sui rischi della Rete, sul fenomeno del cyberbullismo e su tutte le declinazioni ad esso riconducibili; quando si parla del “brutto” della Rete, il cyberbullismo è il denominatore comune. La scuola, in questi anni, ha chiesto spesso aiuto alla Polizia Postale e ai loro interventi di sensibilizzazione impeccabili e fondamentali, ma limitati al solo aspetto preventivo. La pandemia ha acceso i riflettori su cosa realmente possa significare il mondo online, un suo utilizzo consapevole e le enormi potenzialità. Ora è il momento di trasformare tutto questo in una opportunità e i segnali da parte della scuola non mancano”.

Quali sono le domande che le famiglie rivolgono più frequentemente?

“Senza dubbio, variano dalla fascia di età dei propri figli. Oggi, già dai 7 anni, i genitori ci chiedono quale sia il sistema di controllo migliore e le limitazioni da attuare. Molti vorrebbero sapere quale sia l’età giusta per dare uno smartphone in mano ai propri figli. Tantissimi sono talmente inconsapevoli di cosa fanno e come trascorrono il loro tempo online i ragazzi che non sanno da che parte iniziare. Io mi permetto di dire che essere genitore è, prima di tutto, dare il buon esempio. Definire regole e comportamenti insieme con gli adolescenti e rispettarle noi per primi. Difficile, ma non impossibile!”.

Oggi i figli si fanno sempre più tardi. Il divario generazionale può diventare anche gap tecnologico?

“Purtroppo, lo è già. In molti casi questo riduce ancor di più il tempo che si trascorre con i ragazzi, che sono più soli di quello che immaginiamo. Trovano rifugio nella Rete, ma anche quando ci sentiamo sicuri del fatto che sono nelle loro camere, non dobbiamo mai dimenticare che, se hanno un device ed una connessione, possono entrare in mondi sconosciuti e subire pressioni devastanti. Trascorrono ore a curiosare nei profili dei loro amici, idoli o «perfetti sconosciuti» che hanno accettato con un click sul pulsante segui, con un like o un cuore. Cancellano post con poco seguito e sognano di diventare influencer per colpo di fortuna.

Non serve essere un genitore giovane o tecnologico per intercettare malessere o stimolare interessi, serve dialogo, serve meravigliare i ragazzi, affascinarli magari anche con l’aiuto degli strumenti digitali, ma senza dimenticare che la nostra esperienza è frutto di tanti anni vissuti a far lavorare la fantasia per divertirci e raggiungere obiettivi. Se stimolano quella, loro possono davvero costruire un avvenire che noi non immaginavamo nemmeno”.

Il futuro della scuola, secondo te, sarà nella didattica a distanza?

“Io non amo definirla didattica a distanza, mi sento più vicino al concetto di didattica e apprendimento interattivi. Abbiamo incontrato tantissimi insegnanti in questi mesi e il lavoro più bello fatto con loro è stato quello di trasmettere un concetto fondamentale per far evolvere il lavoro con i ragazzi. Trasformare la loro conoscenza, il loro modo di insegnare in un ecosistema dell’apprendimento nell’era digitale”.

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