L’economia di ChatGPT: l’intelligenza artificiale secondo Da Empoli

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L’intelligenza artificiale è pericolosa per il genere umano? Questa è la domanda che molti di noi consciamente o inconsciamente ci poniamo rispetto a quella che rappresenta una delle innovazioni tecnologiche più dirompenti degli ultimi anni. A questo interrogativo esistenziale se ne aggiunge un altro di più breve periodo riguardante la possibilità che l’AI (artificial intelligence) possa portare alla perdita di milioni di posti di lavoro, sostituendo le persone in diverse mansioni. Ad esempio è lecito chiedersi se l‘intelligenza artificiale sia nemica o amica del copywriting e se possa o meno aiutare in servizi come il social media monitoring o la reportistica di analisi avanzata per la media intelligence.

Per poter rispondere in maniera completa, come spesso accade, è importante fare affidamento a letture che trattano la materia in forma approfondita e non limitarsi esclusivamente a una ricerca su internet. Tra i saggi a cui attingere si trova sicuramente “L’Economia di ChatGPT – tra false paure e veri rischi” di Stefano Da Empoli. Fondatore e presidente dell’I-Com (Istituto per la Competitività) e professore di Economia Politica presso l’Università di Roma Tre, Da Empoli con il suo libro prova a fornire ai lettori una comprensione più approfondita dell’intelligenza artificiale per comprendere le molteplici sfaccettature e le sue implicazioni per l’economia e la società nel loro insieme.

L'Economia di ChatGPT, libro di Stefano Da Empoli

L’economia di ChatGPT. Tra false paure e veri rischi. Egea

Cos’è e come nasce ChatGPT

Innanzitutto, per comprendere una materia difficile e in evoluzione come quella dell’AI, occorre partire dalle definizioni. In particolare, è necessario un focus sul servizio più famoso attualmente, tanto da dare il titolo allo stesso libro, ovvero ChatGPT. La chatbot sviluppata da OpenAI infatti si basa sul Generative Pre-trained Transformer, abbreviato in GPT, traducibile in italiano con la dicitura trasformatore generativo pre-addestrato.

Il GPT è un tipo di modello di intelligenza artificiale basato su reti neurali artificiali, sviluppato da OpenAI. Il termine “pre-addestrato” si riferisce al fatto che il modello viene inizialmente addestrato su una vasta quantità di dati, senza una specifica destinazione o applicazione in mente. Tale addestramento consente al modello di apprendere informazioni di base e di sviluppare una comprensione generale del linguaggio e di altri tipi di dati.

Tra le curiosità troviamo il fatto che il GPT utilizza l’architettura Transformer, introdotta da Google nel 2017. La holding del motore di ricerca più famoso al mondo ha quindi avviato una funzione che si è rivelata estremamente efficace nell’elaborazione del linguaggio naturale, perdendo però posizioni in questo settore a scapito della società fondata da Elon Musk e Sam Altman nel 2015, che hanno realizzato progressi significativi nell’elaborazione del linguaggio naturale e nel settore creativo. Tali conseguenze, se da una parte contemplano previsioni pessimistiche sulla perdita di posti di lavoro, come suggerisce Da Empoli, potrebbero generare nuove opportunità professionali che poggino su nuove competenze.

Il saggio cita diversi studi che indicano un possibile aumento del PIL globale grazie all’adozione diffusa dell’IA, Da Empoli sostiene che l’AI potrebbe avere un impatto positivo sull’economia globale nel lungo periodo.

Le false paure e i veri rischi dell’economia di ChatGPT

Un altro aspetto importante dell’Economia di ChatGPT è il dibattito sull’etica e sulla regolamentazione dell’intelligenza artificiale. Da una parte si sostiene come questa tecnologia rappresenti una minaccia per la privacy e la sicurezza dei dati, la stessa può essere considerata come un’opportunità per migliorare la nostra vita quotidiana e risolvere problemi complessi. Da Empoli esplora quindi sia rischi che opportunità legate all’AI e indica che una regolamentazione equilibrata potrebbe aiutare a massimizzare i suoi benefici e mitigare i suoi rischi.

Altro tema importante sollevato è quello relativo a un’auspicabile collaborazione da avviare tra aziende private, governi e altri attori interessati, la quale potrebbe essere la chiave per garantire che l’intelligenza artificiale abbia impatti più positivi che negativi nel suo complesso per la società.

Per affrontare al meglio questo ultimo, Stefano Da Empoli si concentra su un’analisi sugli investimenti nelle diverse aree del mondo. Mentre negli Stati Uniti e in Cina gli sforzi pubblici e privati in questo settore sono in costante aumento, in Europa, e in particolare in Italia, le cifre rimangono relativamente basse. Un trend questo, secondo il presidente dell’I-COM, che potrebbe portare a compromettere la competitività dell’Europa nell’intelligenza artificiale e, di conseguenza, indebolire la sua posizione sul mercato globale. Per affrontare questa sfida, sono necessari non solo investimenti finanziari significativi, ma anche politiche pubbliche mirate che favoriscano l’innovazione e la collaborazione tra imprese, istituzioni accademiche e istituzioni pubbliche.

Le prospettive dell’Italia nell’intelligenza artificiale

Tuttavia, Da Empoli suggerisce che ci sono buone ragioni per essere ottimisti riguardo alle prospettive dell’Italia nell’ambito dell’AI. Le imprese italiane, infatti, possiedono diverse caratteristiche che potrebbero consentire loro di trarre vantaggio dall’adozione e dall’implementazione dell’intelligenza artificiale all’interno dei propri processi produttivi. Poiché in diversi casi tali società di dimensioni minori rispetto a quelli statunitensi o cinesi si sono specializzate in quelle che vengono chiamate “economie di gamma”, riuscendo a produrre “numerose e sofisticate variazioni di uno stesso prodotto o di una base ristretta di beni”.

Per comprendere a fondo tale concetto Da Empoli cita un esempio di Reginald Batholomew, ex ambasciatore americano a Roma, riportato dal giornalista Thomas Friedman. Secondo il diplomatico statunitense, infatti, se qualcuno volesse acquistare un formaggio viola, un produttore francese gli risponderebbe “il formaggio non è viola”, un tedesco gli direbbe “nel catalogo di quest’anno non è disponibile in questo colore”, mentre un italiano lo sorprenderebbe chiedendogli “quale sfumatura di viola preferisce?”.

L’intelligenza artificiale è buona o cattiva?

La prima legge sulla tecnologia di Melvin Kranzberg recita: “la tecnologia non è né buona né cattiva; non è neanche neutrale”. Un concetto da tenere quindi sempre a mente, come fa Stefano Da Empoli. Nel saggio, infatti, emergono sia le potenzialità che i rischi dell’intelligenza artificiale. Quello su cui però si concentra l’analisi è la necessità dell’intervento umano su di essa. Quest’ultimo si può sviluppare da un punto di vista politico e di regolamentazione, ma anche economico ed imprenditoriale. In altre parole sta alla collettività nel suo complesso decidere come sfruttare quella che rappresenta un passo avanti straordinario nell’evoluzione tecnologica.

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