Creativi si diventa: come nascono le idee migliori in pubblicità

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Fino a poco tempo fa, si credeva che la creatività fosse una dote innata. La scienza, poi, ha dimostrato che l’ambiente, lo studio e l’esperienza contribuiscono allo sviluppo delle idee. In pubblicità, come è noto, si cerca sempre di trasmettere messaggi positivi. Al consumatore si dice, in modo esplicito o subliminale, che la sua vita migliorerà se acquisterà un determinato prodotto. Ma a questo risultato si arriva soltanto quando copy writer e art director hanno fatto il “patto faustiano”, ossia quando credono davvero nella propria missione, tanto da esserne assorbiti. Come si fa a raggiungere questo livello di coinvolgimento?

Pensare positivo

Secondo la psicologia positiva – movimento nato nell’ambito delle scienze psicologiche, durante gli anni Novanta, da studi e ricerche sul benessere soggettivo – l’esperienza ottimale è il presupposto per diventare creativi. Si ottiene quando si sta svolgendo un’attività che dà serenità sia dal punto di vista affettivo ed emozionale, sia motivazionale. Ciò nutre il sé, rendendolo più forte e complesso. Per arrivare allo stato di esperienza ottimale, chiamato anche flusso di coscienza (da non confondere con quello della psicoanalisi), sono necessari:

  • la motivazione intrinseca. Si tratta di un coinvolgimento vero, senza secondi fini. Bisogna provare un interesse profondo verso il proprio lavoro, al punto di identificarsi con esso e pensare: “Io sono un pubblicitario, non faccio il pubblicitario”.
  • l’autodeterminazione. Volere è potere. Chi ritiene di avere le doti necessarie a diventare un pubblicitario, deve essere disposto a tuffarsi nel vuoto senza paracadute. Il prestigio sociale, lo stipendio, la popolarità non devono essere obiettivi, ma conseguenze.
  • l’equilibrio tra challenges e skills. Il creativo è sempre messo alla prova, ma le sue capacità dovranno permettergli di far fronte alle sfide.
  • l’assenza di noia e di ansia. Chi ama il proprio lavoro dedica ad esso non i ritagli di tempo, ma tutto il tempo possibile, perché è felice di svolgerlo. Se emergono stati di noia o di ansia, significa che la strada intrapresa è sbagliata.

Il concetto di flow o flusso di coscienza è stato introdotto per la prima volta dallo psicologo statunitense Mihály Csikszentmihalyi che, dopo una serie di osservazioni, è rimasto colpito dal fatto che quando un artista reputa che la creazione del suo quadro stia andando bene, egli persiste nel lavoro senza sosta, ignorando fame, sete, fatica, tempo e disagio.

Ma per entrare nel “flusso”, conta anche l’ambiente: l’interazione con la famiglia, gli amici, il lavoro, il contesto sociale, culturale e storico possono promuovere l’evoluzione delle idee.

La creatività è natura, ma anche cultura

Una leggenda della pubblicità, Annamaria Testa, che L’Eco della Stampa ha avuto il privilegio di intervistare la scorsa settimana, compie nel libro La trama lucente (Rizzoli, 2010) un percorso dentro la creatività. Secondo la copy writer e consulente aziendale, che ha fondato nel 2008 un sito non profit Nuovo e utile dedicato proprio alle idee, senza la creatività non potremmo parlarci, perché anche il linguaggio è una struttura creativa.

Una ricetta – univoca, coerente, oggettiva – per definirla, riprodurla, governarla non esiste. La creatività è un’intuizione che si accende al di là della consapevolezza, ma se non si accompagna alla conoscenza, alla competenza, alla fatica, resta un barlume senza esito. La creatività non è solo talento ma anche allenamento, non è solo natura ma anche cultura. E deve produrre qualcosa di utile, oltre che di nuovo, per la collettività. 

Annamaria Testa

Chi ben comincia è soltanto a metà dell’opera…

E’ ancora Annamaria Testa a ricordare ai pubblicitari che bisogna studiare il passato per lavorare bene: assumere informazioni permette di trovare ispirazione, non essere ripetitivi e imparare dagli errori degli altri. Questa parte iniziale, spesso, viene sottovalutata dagli aspiranti creativi che credono di essere già maturi per fare da soli. In realtà, i preliminari del processo creativo sono indispensabili. Così come la conclusione di esso: la messa in forma e la consegna delle idee a chi dovrà fruirne.

Non c’è niente di magico, dunque, nella mente di un creativo. Ci sono, semmai, la predisposizione allo studio, al lavoro di ricerca, al coraggio di mettersi in gioco.

Per chi avesse perso la nostra intervista ad Annamaria Testa condotta da Pietro Biglia e volesse approfondire il tema, basta visitare la sezione Materiali gratuiti della community Media Intelligence Arena per riguardarne la versione integrale.

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