La psicologia del social sharing

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Cosa ci spinge a condividere contenuti sui social network?

Questo è uno degli interrogativi chiave della nostra epoca tecnologica di cui i social sono diventati il perno gravitazionale fondamentale.

Secondo il report Digital 2021 pubblicato da We Are Social in Italia sono oltre 41mila le persone attive ogni giorno sulle piattaforme social, ovvero il 67,9% della popolazione totale. In media ciascun utente trascorre sui social media 1 ora e 52 minuti al giorno condividendo o commentando contenuti.

La cultura dello sharing è talmente radicata nella società che ormai nessuno si interroga più sui motivi che ci spingono a condividere pezzi della nostra vita, riflessioni o frammenti di quotidianità nel mondo infinito e interconnesso della rete. Condividere un post, commentare quello di un amico, avviare una storia Instagram, sono azioni alla base delle nostre interazioni quotidiane 2.0: proprio come un tempo lo era bere un caffè in compagnia, fare una telefonata o scrivere una lettera. Ora anche le nostre relazioni si riflettono nell’universo virtuale dei social media, adattandosi a una realtà dinamica, complessa e in rapida evoluzione.

Eco Social: il servizio offerto da L’Eco della Stampa

Seguendo l’evoluzione del cambiamento tecnologico in atto l’Eco della Stampa ha saputo offrire ai suoi clienti l’esclusivo servizio di social media-monitoring.

Con il pacchetto Eco Social le aziende clienti hanno a disposizione un tracciamento completo del loro brand, unito a un’analisi in real-time dei competitor, dei prodotti e delle tematiche discusse sui social media. Poiché oggi la maggior parte delle conversazioni riguardo ai brand avviene nelle piazze virtuali dei social diventa importante monitorare queste discussioni al fine di trarne miglioramenti utili in termini di marketing.

Il servizio Eco Social garantisce un’analisi della reputazione digitale a 360 gradi, un monitoraggio completo che cura ogni aspetto della discussione social relativa al brand fornendone, al contempo, una mirata analisi dei punti di forza e dei punti di debolezza. Grazie ai social network oggi le aziende possono monitorare direttamente ciò che i loro clienti dicono di loro, e questo è un vantaggio esclusivo.

Vediamo più nel dettaglio i servizi offerti da Eco Social:

  • Social media listening: tracciamento di tutti i post in tempo reale su tutti i canali social aziendali.
  • Sentiment, engagement, emoji e potential reach: metriche di analisi sempre a disposizione.
  • Social media analytics sempre attive: per determinare cosa determina gli aumenti e i ribassi in termini di visibilità.
  • Classifiche di influencer: per rivelare i potenziali sponsor del brand.
  • Social media report automatici: per tenere sempre sotto controllo la reputazione del brand.

Tutto questo, tuttavia, evidenzia quanto i social network siano diventati pervasivi della nostra realtà quotidiana e quanto ormai la cosiddetta “vita virtuale” sia contaminata dalla pubblicità e dalle iniziative di marketing.

Le logiche del commercio si sono spostate inevitabilmente nel luogo in cui le persone ora trascorrono la maggior parte del proprio tempo libero: ovvero sui social network, novelle piazze del passatempo 2.0.

I social network: una rivoluzione di pensiero

Fateci caso, non appena abbiamo un minuto di pausa dalla frenetica routine del quotidiano ci viene spontaneo accedere ai social network e dare una sbirciata a quel che fanno gli altri, con il pretesto di “vedere” un po’ quel che accade nel mondo.

Non importa se siamo a bordo di una metropolitana affollata o in mezzo al traffico cittadino, l’accesso alle app social ci trasferisce automaticamente in un altro mondo: un universo incantato di sorrisi, paesaggi mozzafiato, piatti eccezionali da gran gourmet e felicità a non finire. Un mondo fuori dal mondo nel quale è lecito esprimere la propria opinione su qualsiasi argomento, e dire “Io penso” anche quando nessuno è in ascolto e nella realtà il pensiero risuona solo nella nostra testa, magari mentre siamo seduti su una banchina in attesa dell’ennesimo treno della giornata.

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I social network hanno sicuramente rivoluzionato la comunicazione, ma anche il modo stesso di pensare. Hanno bandito gli attimi di noia: perché nei momenti vuoti, nelle pause, non c’è più tempo di lasciare vagare lo sguardo nel nulla. Si puntano subito gli occhi allo smartphone dove è improvvisamente comparso un like che ci gratifica, oppure ci attende un messaggio o un commento a cui rispondere. È ormai nota infatti questa capacità dei social network di creare una comfort zone, una confortevole bolla virtuale creata a misura d’utente.

Meno privacy, più sharing

Fino a vent’anni fa non lo avremmo mai creduto possibile. Sembrava improbabile che la gente comune potesse condividere su una piattaforma gran parte della propria vita. Si sarebbe parlato di una paradossale rinuncia alla privacy. Eppure questa è la logica dei social: apriamo il nostro mondo agli occhi di milioni di sconosciuti. Di fatto aspiriamo alla privacy, ma non possiamo fare a meno di condividere, come ha osservato con acutezza un articolo del New York Times. Ma il punto è: esattamente cosa ci spinge a condividere?

Le cause dello sharing

Le ragioni alla base della condivisione sono state molto dibattute da psicologici ed esperti di marketing. Negli ultimi anni sono sorte numerose teorie al riguardo.

Una delle tesi principali è che gli utenti condividano contenuti sui social per intessere o per rafforzare relazioni con altri utenti. Dopotutto l’istinto alla condivisione non è nuovo nella specie umana, ma esiste dall’inizio dei tempi. Semplicemente, mentre una volta le persone condividevano le proprie esperienze di fronte a un falò o a una tavola imbandita, oggi hanno la possibilità di farlo online e l’accesso alle piattaforme social ha triplicato e velocizzato le modalità di interazione. Oggi, rispetto a qualche decennio fa, possiamo contare su una comunicazione facile e immediata. Abbiamo un maggior numero di contatti – potenzialmente infinito – e un’infinità di contenuti, stimoli, fonti da cui trarre spunto per le nostre “conversazioni” virtuali.

La possibilità di mostrare le nostre esperienze e i nostri pensieri ad altri sarebbe, a detta di psicologi e sociologi, la base emotiva-relazionale che regge la logica dello sharing. Ma non si tratta solo di questo.

5 ragioni che ci spingono a condividere contenuti sui social

Un interessante studio effettuato dal  The New York Times Customer Insight Group ha rilevato 5 motivi che spingono le persone al social sharing:

Bisogno di stima e realizzazione personale

Il primo punto richiama uno schema caro alla psicologia, ovvero La piramide dei bisogni di Abraham Maslow. Lo psicologo nel 1954 aveva infatti teorizzato un modello motivazionale dello sviluppo umano basato su una gerarchia di bisogni, disposti a piramide. Alla base si trovavano i bisogni primari, mentre salendo si trovavano i secondari e più complessi. In cima alla piramide si trova proprio il bisogno di realizzazione: ovvero occupare un ruolo sociale definito, essere rispettato dagli altri. Questo è ciò cui le persone aspirano attraverso il social sharing: sentirsi accettati e compresi dagli altri, veicolare il proprio valore.

Diffondere valore

Gli utenti tramite il social sharing vogliono anzitutto mostrare la propria persona e i valori da essa veicolati. Spesso gli utenti sono portati a condividere un’informazione che li ha colpiti, un libro che hanno letto o un prodotto che hanno acquistato, nella speranza così di essere utili alla propria cerchia di followers.

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Affermare uno status

Tutti consapevolmente o meno scegliamo quale lato mostrare di noi stessi nelle diverse situazioni. Nei social network accade lo stesso, gli utenti sono portati a dare agli altri una determinata rappresentazione di sé che è lo specchio nel quale vorrebbero vedersi riflessi. Condividere è un modo per alimentare quell’immagine di sé e la costruzione di un’identità ideale.

Senso di approvazione

I like sono la misura della nostra autostima. Il bisogno di approvazione è importante per ogni essere umano, lo coltiviamo fin da bambini. I like sono il mezzo che ha convertito il bisogno di approvazione in una valuta. È stato statisticamente provato che gli utenti che ricevono più like ai propri contenuti social sono di conseguenza portati a condividere con maggiore frequenza. Uno studio inoltre ha rilevato che quando riceviamo un like il nostro cervello lo interpreta come una ricompensa e rilascia una scarica di dopamina, l’ormone della felicità. Questo processo è stato definito dopamine-driven feedback loop.

Mostrarsi felici

I social network mostrano un mondo all’apparenza perfetto, lontano dalle ansie e dai problemi che affliggono la quotidianità. Spesso gli utenti usano i social per conservare le immagini e i ricordi dei loro momenti felici, o come svago dalla noia della routine giornaliera. A queste esigenze risponde puntualmente proprio il social sharing.

Le tipologie di social sharer

Per meglio classificare gli obiettivi del social sharing, lo studio del New York Times si avvale di uno stratagemma noto a chi ha studiato marketing: le Personas.

Ecco dunque le 6 tipologie più diffuse di content sharer:

  • Altruista: collaborativo, affidabile, attento, sempre connesso
  • Carrierista: prezioso, intelligente, networker, ama LinkedIn
  • Hipster: creativo, giovane, all’avanguardia, attento all’immagine personale
  • Boomerang: reattivo, conflittuale e a volte polemico, empowered, usa soprattutto Twitter e Facebook
  • Connector: creativo, rilassato, attento, pianificatore, ama inviare e-mail, utilizza soprattutto Facebook
  • Selettivo: ingegnoso, attento, serio, predilige condividere contenuti di carattere informativo

Vi siete riconosciuti in qualcuna di queste tipologie di social sharer? Di certo la lista potrebbe essere molto più ampia e variegata.

Un recente sondaggio, effettuato da Digital Society Index con il supporto di Dentsu Aegis Network, ha rilevato che sempre più giovani (appartenenti alla cosiddetta Generazione Z) si stanno estraniando dalle piattaforme virtuali. In Italia, il 25% di utenti tra i 18 e i 24 anni ha disattivato almeno un profilo social negli ultimi 12 mesi. Forse sta emergendo, in particolar modo tra i giovani che sono i soggetti più esposti alla comunicazione social, una nuova consapevolezza. Siamo di fronte a un ridimensionamento dell’attività social a favore di quella umana, o forse dinnanzi alla nascita di un punto di vista più critico e analitico riguardo all’attività di social sharing.

Sarebbe interessante se ciascuno di noi da ora in poi si mettesse in discussione, in quanto utente attivo dei social network, e si ponesse questa domanda: “Cosa mi spinge a condividere?”

Le risposte potrebbero essere sorprendenti e mostrarci aspetti di noi stessi che non avevamo neppure immaginato. Una riflessione maggiore sul processo di social sharing, inoltre, potrebbe spingerci a condividere meno contenuti auto-referenziali, e più contenuti di qualità.

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